Quando cerco di osservare un viso, e intendo osservarlo davvero, faccio qualcosa di complicatissimo. Esiste qualcosa di più autentico di un viso? Non so mai da dove cominciare. Mi confonde, poi mi affascina, poi mi disorienta per quanto audace possa essere il ritrovarsi immobilizzato in un volto che ha tanto da dire. Puoi osservare le tonalità dei colori caldi e tutte quelle sfumature. O le linee così naturali, imperfette, profonde. O i contorni, spesso imprecisi, sempre bellissimi. E poi tutte quelle curve che si creano a partire da un solo movimento, da un'espressività quasi sempre spontanea e sincera. Quella voglia strana di toccare un viso, di accarezzarlo piano, di esplorarlo sfiorando ogni lineamento. È come un libro di cui guardi la copertina, perpoi sfogliarne ogni pagina con le mani. È come scommettere quando sei del tutto incerto dell’esito, è come
un viaggio in solitaria verso luoghi insoliti che non conosci. Guardo a fondo per scovare in ogni centimetro un dettaglio particolare, un colore nuovo, un’imperfezione unica che forse non troverò in nessun’altro mai, chissà. Mi piace guardare come ognuno indossa il proprio viso, che colori ci abbina per completarlo, in che occasioni lo sfoggia con audacia, un po’ come un abito. Mi piace pensare a come quegli occhi potrebbero stare su di me, come un abito. Guardo i visi per comprendere, o forse semplicemente per dare a me stessa
la possibilità di lasciarmi andare all’autenticità delle espressioni. Per conoscere delle storie; per dimenticarne e poi riscoprirne di nuovo l’incredibile potere. Per potermi perdere in occhi nuovi o in sorrisi mai visti prima. Fino a trovare poi, tra questi, quel viso estremamente bello. Per me. Comodo, colorato, diverso, che sta bene sempre. Su di me. Come il mio abito preferito.
Ilaria Daddario