lunedì 13 agosto 2018

Inaspettate mani

Fotografia di Paolo Ferruzzi

Radici della volontà e delle intenzioni,
le mani del saper fare.
Riscoperta di sensi e sensazioni,
le mani del tatto.
Mani utili.
Mani sincere.
Prolungamento dell’istinto e della passione,
le mani del desiderio.
Mani esigenti.
Mani gentili.
Forti per sopportare pesi
dolci per sollevare anime,
le mani della protezione.
Mani curiose.
Mani che imparano.
S’incontrano e stringono,
le mani degli incontri.
Mani incerte.
Mani che donano
e che accarezzano,
inaspettatamente.
Ilaria Daddario


Pubblicato sulla posterzine mensile (versione telematica) Locomotiv
http://www.asslastazione.it/2018/10/07/inaspettate-mani/

lunedì 30 luglio 2018

Ciao Nonno



Questo scritto non nasce solo per dire che mio nonno Francesco è stato uno splendido nonno, ma nasce soprattutto dalla voglia di raccontare come e cosa lui è stato attraverso i miei occhi. Quando ero molto piccola, i baci a lui non li volevo dare; oggi ho 26 anni e in questi altri anni ho recuperato tanto da meritare di essere chiamata per una vita intera "la bella del nonno", espressione che mi fa sorridere il cuore solo a pensarci. Adesso che è andato via, si porta con sé tutti quei baci e un pezzo grande di me. Un po' della me bambina e un po' della me ormai donna. Quello più dolce e insieme più testardo. Perché si, mio nonno era ostinato, caratterialmente forte, a volte troppo; le sue idee non le hanno buttate giù neanche a suon di urla. Lo stesso uomo che poi con occhi piccoli e dolci mi diceva "Sai a cosa servono i nipoti?A tenere in vita i nonni". Lo stesso che ha pianto per i miei traguardi e che mi ha detto sempre "Stai attenta ai maschietti". Lui ha sempre guidato per lavoro e con la sua auto da ragazzina mi ha accompagnata ovunque; in quei momenti amava chiacchierare e raccontare di sé e ciò mi ha permesso di conoscerlo davvero. Poi ovviamente ha voluto insegnarmi lui a guidare. Quando penso a lui, ricordo quanto è potente la determinazione in una persona, ripenso agli insegnamenti, ai proverbi, alle frasi da repertorio che lui iniziava e io dovevo completare, alle partite a carte e a dama e a quanto tutte, e dico tutte ,le volte si divertiva cercando di barare per vincere. Se tutt'ora mi piacciono i cruciverba è perché giocavo con lui a chi indovinava più parole ed era uno dei suoi modi di dedicarsi a me cercando anche di insegnarmi ciò che sapeva. Penso a lui e riconosco la bellezza dell'amare una donna per una vita intera, perché i miei nonni insieme sono per me la dimostrazione che l'amore esiste e che può durare fino all'ultimo istante; rivedo i baci che si sono dati fino a pochi giorni fa e poi li rivedo al centro sala durante la festa del loro anniversario, quando lui durante il ballo le teneva la mano stretta sul proprio petto. Mi ha insegnato a dialogare e confrontare le opinioni. Mi ha dimostrato come ci si diverte davvero alle feste di matrimonio, cioè mangiando e ballando il Rock&Roll. Mi ha insegnato ad essere fiera di me, con quanto orgoglio diceva a tutti che ero la sua dottoressa. Mi ha insegnato che da grandi si impara più che da bambini. È impossibile descrivere ogni ricordo e dono che ho ricevuto da mio nonno, è stata una fortuna averlo nella mia vita, una ricchezza enorme. L'intensità con la quale lo porto dentro, supera di gran lunga qualsiasi addio. Ti voglio bene nonno, fai buon viaggio, io ti porto con me.

Ilaria Daddario

mercoledì 27 giugno 2018

Marocco



Fotografia di Ilaria Daddario

Abiti comodi, zaino pieno di curiosità e parecchia voglia di avventura a fare da guida: così ho affrontato questo viaggio in Marocco, sorprendendomi di ogni dettaglio con entusiasmo. È bastato poco per rendermi conto di quanto questo luogo fosse stravagante, vivo, caotico e travolgente; piena di gente e tipicità, rumorosa e vivace, misteriosa e religiosa, Marrakech ha mille facce, odori, colori, sapori. Durante quei giorni ho spalancato gli occhi molto spesso, incredula, sorpresa e affascinata, rapita da abitudini e tradizioni di cui non sapevo quasi nulla. Ho conosciuto persone gentili, mi hanno aiutata, mi hanno offerto del tè svariate volte, mi hanno fatto regali e raccontato storie del posto solo per il gusto di farlo e poi ho incontrato anche gente scaltra dai sorrisi accattivanti di chi vuole solo guadagnarci qualcosa. Ho visto bambini stupendi giocare nei vicoli stretti e anziani vispi al lavoro o addormentati nei carretti agli angoli delle strade; e poi ho visto tanto lavoro, a tutte le età, abilissimi commercianti dalla voce squillante e tante bellissime donne orgogliose dei loro veli colorati e dei loro abiti tradizionali. Hanno tutti sguardi curiosi che scrutano, uguali ai nostri del resto. Ho visto luoghi pazzeschi colmi di storie intriganti e ho respirato natura e città insieme; ho scoperto perché viene chiamata terra rossa e ho ammirato come in uno stesso territorio possano convivere sorprendentemente mare, deserto e città imperiali. Il suono allegro dei tamburi africani risuona ovunque e dalle mani di chiunque, compresi i bambini. Gli odori del cibo si diffondono in ogni dove, in particolare quelli delle numerose spezie: impossibile non assaggiarle, soprattutto nel tipico Tajin, preparato in così tante versioni, ovunque, a qualsiasi ora! La Medina è davvero un labirinto come si sente dire e davvero il primo giorno si può girare per due ore e mezza tra quelle viuzze cercando il proprio Riad; riuscire ad orientarsi sembrava impossibile, mi sentivo quasi smarrita. Poi, incredibilmente, in poco tempo e senza nemmeno poi così tanta attenzione, è successo che quelle strade le ho sentite un po’ più mie, ho imparato a muovermi con sicurezza e la sensazione è stata così piacevole che non volevo smettere più di camminare. Faccio fatica a descrivere fedelmente tutto quello che ho visto, ogni descrizione resta incompleta. Quando sono arrivata in piazza Jemaa El-Fnaa, patrimonio Unesco, ho creduto di trovarmi in uno dei posti più stravaganti e bizzarri; ci sono stata più e più volte e ogni foto scattata si è rivelata sempre diversa, seppur dello stesso scorcio. È una piazza che non si ferma mai, centro vitale della città di Marrakech, concentrato di tradizioni arabe tramandate e delle attività più disparate, dinamica e divertente, colorata e dalle mille sfumature: cambia aspetto ad ogni ora. La circondano locali e bar dalle cui terrazze si può ammirare quanto e come il sole la sfiori sempre in modo diverso, soprattutto durante il tramonto mozzafiato. E poi, al centro, qualsiasi cosa: indovini e mendicanti, giocolieri e acrobati, cantastorie e saltimbanchi, volatili o scimmie che si esibiscono, musicisti, incantatori di serpenti, donne che tatuano decorazioni con l’henné su mani e piedi, cocchieri e carrozze trainate da cavalli, bancarelle e carretti, artisti e venditori e chi più ne ha, più ne metta. Tutt’intorno, il traffico indomabile della città in cui si mescolano carri trainati da asini, calessi con cavalli, automobili, biciclette, moto e pedoni, tutti nella stessa strada! Arriva la sera e con la suggestiva Moschea sullo sfondo, la piazza si illumina, trasformandosi in un grande ristorante a cielo aperto in cui gustare qualsiasi piatto tipico a pochi dirham, spesso accolti da cuochi allegri che festeggiano ogni decina di minuti. Ogni giorno è uno spettacolo nuovo e senza tempo. E poi ho adorato perdermi per le vie strette e inesauribili del Suq, tra bancarelle colorate e instancabili artigiani. Imparare parole arabe e conoscere le loro storie. E poi passare la notte in un accampamento berbero nel deserto del Sahara, immenso, con solo l’essenziale da condividere con tanta gente diversa e allo stesso tempo unita. Di quel deserto non vedevo l’inizio né la fine, un po’ come succede con il mare; lo sguardo si perdeva tra i canti di quelle dune così misteriose e il panorama era eccitante e spaventoso allo stesso tempo. L’ho guardato in diversi momenti del giorno e della notte e ogni volta la vista era sempre uguale ma in realtà sempre diversa, in continuo cambiamento, in accordo col vento. Ho guardato l’alba sul dorso di un dromedario e ho visto un cielo e delle stelle che mai avevo visto prima di quel momento.
Mi sono sentita nel posto giusto, al momento giusto.

Ilaria Daddario

venerdì 22 giugno 2018

Ingenui istanti



Fotografia di Roberto Bramati

Quanto spesso si fa attenzione alle piccolezze, agli istanti apparentemente più semplici e banali? Come l’istante in cui uno sguardo si posa curioso, in cui una mano sfiora delicata. Dettagli lasciati al caso, figli di abitudini a cui non si presta abbastanza attenzione. L’istante in cui nasce spontaneo un sorriso, in cui un sapore diventa buono. L’istante in cui un profumo si diffonde o in cui parte quella canzone perfetta. Piccole bellezze ordinarie, ingenuo benessere per l’anima. L’istante in cui ci si sorprende per qualcosa, gli istanti di attesa prima di un finale. Fortune di ogni giorno. L’istante in cui un amico chiama o quello in cui giunge un bacio inatteso. L’istante in cui un vento fresco ordina i pensieri e l’istante in cui le onde calme del mare toccano la pelle accaldata dopo ore di sole. L’istante in cui ti rendi conto che la strada che percorri è quella giusta e quello in cui capisci che di istanti così non ne hai mai abbastanza.
Ilaria Daddario

Pubblicato sulla posterzine mensile (versione telematica) Locomotiv

http://www.asslastazione.it/2018/07/09/ingenui-istanti/

sabato 9 giugno 2018

Note



Suona la chitarra qui davanti a me e gli sorridono gli occhi. 
Muove le dita sulle corde e sui tasti per riprodurre dei suoni, delle melodie, delle emozioni. 
Suona, e mentre lo fa mi guarda e sembra che quegli accordi li strimpelli direttamente sulla mia pelle: lenti o veloci, precisi, diretti, penetranti, li sento miei allo stesso modo. 
Come una canzone che ti entra dentro, e non puoi fare a meno di cantare. 

Ilaria Daddario

martedì 22 maggio 2018

Vento di libertà


Come una polvere, leggera
si insinua tra i capelli, sulla pelle.
Come una parola sussurrata
mi sfiora i vestiti
e l'incertezza
di osare smisuratamente
o ancora troppo poco.
Come un profumo attraente
accarezza le mani
e le mie sensazioni.
Come un suono delicato
mi racconta di poesie,
di storie lontane,
e di me.
Come una novità
che si affaccia incosciente,
colora il sentiero
e orienta i sensi,
il vento della mia libertà.


Ilaria Daddario

venerdì 27 aprile 2018

Dettagli di un viso



Quando cerco di osservare un viso, e intendo osservarlo davvero, faccio qualcosa di complicatissimo. Esiste qualcosa di più autentico di un viso? Non so mai da dove cominciare. Mi confonde, poi mi affascina, poi mi disorienta per quanto audace possa essere il ritrovarsi immobilizzato in un volto che ha tanto da dire. Puoi osservare le tonalità dei colori caldi e tutte quelle sfumature. O le linee così naturali, imperfette, profonde. O i contorni, spesso imprecisi, sempre bellissimi. E poi tutte quelle curve che si creano a partire da un solo movimento, da un'espressività quasi sempre spontanea e sincera. Quella voglia strana di toccare un viso, di accarezzarlo piano, di esplorarlo sfiorando ogni lineamento. È come un libro di cui guardi la copertina, perpoi sfogliarne ogni pagina con le mani. È come scommettere quando sei del tutto incerto dell’esito, è come
un viaggio in solitaria verso luoghi insoliti che non conosci. Guardo a fondo per scovare in ogni centimetro un dettaglio particolare, un colore nuovo, un’imperfezione unica che forse non troverò in nessun’altro mai, chissà. Mi piace guardare come ognuno indossa il proprio viso, che colori ci abbina per completarlo, in che occasioni lo sfoggia con audacia, un po’ come un abito. Mi piace pensare a come quegli occhi potrebbero stare su di me, come un abito. Guardo i visi per comprendere, o forse semplicemente per dare a me stessa
la possibilità di lasciarmi andare all’autenticità delle espressioni. Per conoscere delle storie; per dimenticarne e poi riscoprirne di nuovo l’incredibile potere. Per potermi perdere in occhi nuovi o in sorrisi mai visti prima. Fino a trovare poi, tra questi, quel viso estremamente bello. Per me. Comodo, colorato, diverso, che sta bene sempre. Su di me. Come il mio abito preferito.

Ilaria Daddario

giovedì 19 aprile 2018

Come la famiglia

Come la famiglia

Straordinaria

come il sole improvviso in un cielo opaco.

Come un posto in cui tornare a fine giornata,

Rassicurante.




Imprevedibile

come la natura,

come una strada dissestata,

pericolosa.




Come le ordinarie abitudini quotidiane,

costante.

Sicura,

Come ciò che si conosce quanto basta.



Colorata,

come un paesaggio acquerellato,

come una fiamma incessante.

Calda,

come una coperta d’inverno.




Impegnativa,

come un traguardo da conquistare.

Come una rinuncia,

Sofferta.




Come il mare e la sua irrequietezza,

incontrollabile.

Complessa,

come i tentativi di capire la gente.
Desiderata,

come un sentimento raro,

come quando si sta bene,

necessaria.




Come una ferita,

dolorosa.

Passionale,

Come pura energia.



Severa,

come una punizione,

come sonorità prolungate,

rumorosa.




Come un abbraccio vigoroso,

coinvolgente.

Sorprendente,

come solo la famiglia.




Ilaria Daddario


Partecipazione al WordShine Poetry Contest - aprile 2018, tema "La famiglia" - 3° posto.

domenica 15 aprile 2018

Sguardo basso

Fotografia di Annalisa Falcicchio

Sguardo basso e distratto, capelli che scivolano morbidi, aria assorta e mi sposto velocemente nei luoghi di una realtà che cerco di controllare, a fatica. Viaggio tanto, dovrei sentirmi abituata ai cambiamenti, alle novità, agli imprevisti; eppure ogni volta è la prima, ogni spostamento è uno scombussolio e ogni nuovo incontro è un mistero più grande di quello precedente. Sembro coraggiosa, curiosa, e mi ci sento, la maggior parte delle volte. Poi accade che, improvvisamente, mi rendo conto di non guardare fuori dal finestrino, distratta dal superficiale, dalle cose a metà, mi perdo lo spettacolo che scorre veloce. Me ne rendo conto e increspo le sopracciglia, butto fuori un sospiro consapevole, sollevo lo sguardo e in un attimo mi ritrovo: quello sguardo basso non è il mio. Io non voglio rimanere a galla, io voglio fare delle immersioni pazzesche. Con questi occhi non voglio solo vedere, voglio guardare ogni minimo dettaglio, penetrare con lo sguardo ogni centimetro di realtà che non conosco, per poi tornare ancora su ciò che già credevo di conoscere per scrutare più a fondo. Con queste mani non voglio sfiorare, io voglio toccare ogni cosa, e ogni persona, delineare ogni contorno e percepirne la concretezza. Voglio sentire, annusare e gustare. Voglio che tutti i miei sensi si sorprendano della consistenza della vita, ogni volta. E voglio guardare fuori da quel finestrino, durante ogni viaggio che farò.

Ilaria Daddario

venerdì 13 aprile 2018

Il camice bianco


Sul mio letto è posato il camice bianco. Ogni giorno, quando lo vedo, scatena in me molte riflessioni, mi fa rendere conto del fatto che è esattamente tutto ed è anche niente. Questo camice bianco è posato in realtà sulla mia passione sincera, per cosa poi, è difficile spiegare. Forse per la gente. Quella ritenuta più strana, incomprensibile e vulnerabile, folle e pericolosa, spesso patologica. O più semplicemente per la gente che crede, ammette, rischia e ha maledettamente paura; per quella gente testarda o insicura, quella che ride e piange, a volte anche nello stesso momento, che chiede aiuto, che si affida fiduciosa, appoggiando con coraggio la propria vita nelle mani di qualcuno che sappia accarezzarla, ma con cautela e competenza. Quella gente che sa raccontarsi o che ritrova pezzi di sé sparsi un po' ovunque e ha bisogno di rimettersi in ordine. Io sono quella che potrebbe riuscire a ricostruire insieme a loro un paese, delle strade percorribili, la vegetazione, degli abitanti e soprattutto una propria abitazione fatta su misura. E descrivere quanto ciò mi entusiasmi, è tutto e tanto, tranne che semplice.

Ilaria Daddario

lunedì 26 marzo 2018

La diversità




La diversità. Quando è un valore aggiunto, quando è curiosità e scoperta dell'altro e delle proprie terre inesplorate. Quando è sconosciuta e fa paura, ma trova il coraggio per continuare, per spingersi oltre ogni limite. Quando fa guardare improvvisamente con occhi spalancati ogni dettaglio che pareva inesistente o così banale. Quando spinge verso azioni impensabili prima di quel momento. Quando da' vita a sorrisi e risa sincere, grandi, indescrivibili.

Ilaria Daddario

venerdì 23 marzo 2018

L'occasione

Fotografia di Annalisa Falcicchio

Questa è la storia di un'attesa. Quanto lunga, non so dire, ma sicuramente è la storia di un'attesa stravagante.
Quando ero una ragazza immatura e testarda, spesso lei non c'era. Avevo i capelli sempre in disordine e mi curavo poco, ma l'aspettavo. La immaginavo giungere lì davanti, per me. Non telefonava e non scriveva, ma io attendevo comunque quel treno che la portasse sulle mie strade polverose: le radici dell'appartenenza non le stabilisci, quel luogo era mio e io sentivo di appartenere a quel luogo e forse anche per questo lì aspettavo. E quando aspetti, si sa, il cuore subisce alti e bassi tipo quelle maree imprevedibili che descrivono nei documentari sulla natura. Aspettavo, e quella diventava in fretta l'attesa più eccitante e angosciosa, un accumulo di così tanto di tutto, che nemmeno riuscivo più ad ascoltare quelle voci nei miei pensieri. Ero in preciso equilibrio tra il desiderio e il timore, l'esultanza e il rifiuto, saltellavo consapevole tra i miei sentimenti sempre così contrastanti e irrequieti. Mi sentivo così imperfettamente in bilico sui binari del silenzio e del rumore, nella stazione della mia curiosità. Questa è la storia dell'attesa paziente: di un treno, di una persona, di un equilibrio, di una scoperta. Di un'occasione.


Ilaria Daddario

martedì 13 marzo 2018

Panorama

Fotografia di Andrea De Biasi

Quando guardo le cose mi sembra di impazzire. Di impazzire dalla curiosità, dal desiderio, dall'interesse, dalla voglia. Ogni giorno è quello ideale, ogni luogo è assoluto, tutti sono la mia gente. Ed io non ho abbastanza occhi per godere di questa panoramica sulla realtà, la consumo in fretta, con foga, come la sigaretta che mi scivola tra le dita. Sento di possederla e in realtà non è mai veramente mia: aspiro tutto quello che riesco, avida ed incerta, mi prendo tutto quello che posso per poi lasciarla andare, allo stesso modo, ogni volta. Ed ogni volta è come la prima, ogni sguardo è quello più nuovo, ogni panorama è sempre più mio.

Ilaria Daddario

giovedì 8 marzo 2018

Primavera

Fotografia di Ilaria Daddario

Ed eccolo, un pomeriggio che ci spiega ancora la primavera, che ci insegna di nuovo di cos'è capace e ci ricorda le sue sfumature. C'è del sole che illumina la pelle timida, così disabituata ad essere esposta e riscaldata; c'è del profumo di erba umida, c'è del vento caldo e ci sono i suoni delicati dei cinguettii. Siamo in tanti su questo prato fresco, siamo con gli occhi socchiusi e i sensi che sorridono liberi, siamo di ogni età e di ogni storia, ed io vorrei conoscerle tutte. Perchè in fondo abbiamo tutti qualcosa in comune oggi, in attimi passati, in qualche futuro lontano, sempre. Solo che ce lo dimentichiamo ogni giorno.

Ilaria Daddario

domenica 4 marzo 2018

Come se non avessi peso


Un vento fresco, che accarezza i pensieri.
Uno sguardo curioso, da cui comincia un'ispirazione.
Un profumo buono, che libera fantasia e immaginazione.
Un fremito, che suscita sensazioni nuove.
Un respiro sereno, che diviene senso di leggerezza.
Come se non avessi peso.


Ilaria Daddario

venerdì 2 marzo 2018

Coraggio

Fotografia di Annalisa Falcicchio
Quante volte avrei voluto avere più coraggio.
Il coraggio di immergermi nella profondità delle cose da capo a piedi.
Il coraggio di quelle cose che non posso toccare con le mani, né vedere con gli occhi, che sono una scommessa. Probabilmente a volte ne ho avuto fin troppo, altre volte per nulla, altre ancora ho dovuto tirarlo fuori per forza. Il coraggio di fare una sorpresa.
Mi rendo conto che ne serve parecchio. Il coraggio di sentirmi elettrizzata e curiosa mentre il sipario si spalanca sul palcoscenico di uno spettacolo dal titolo mai sentito prima, che è stato un regalo e non ho scelto da sola. Il coraggio di un abbraccio, di un bacio.
Alcune volte, in bilico sul trampolino della mia esitazione, mi sono chiesta se, mi sono chiesta come, mi sono chiesta perché e ogni domanda, seppur valida, alla fine risultava superficiale.
Il coraggio di partire.
Il coraggio di passeggiare da sola e di farlo in compagnia.
Chissà se poi il coraggio è una qualità istintiva o se è il raccolto di infiniti imprevisti e chissà se poi è proprio una qualità.
Il coraggio di guardare un risultato tanto atteso, il coraggio delle scelte, di prendere l’iniziativa.
Il coraggio di non sapere, perché spesso è audace proprio un’ammissione, una consapevolezza.
Il coraggio di un errore, di un rischio più grande anche di me.
A volte è troppo autentico, costa troppo.
Il coraggio di lasciarmi scuotere l’anima dall’arte, quando parla un po’ di me e mi guarda dentro.
Il coraggio di risvegliare ciò che è assopito da tempo.
Il coraggio di iniziare qualcosa, ma anche di portarla a termine.
Il coraggio di suonare il campanello di una porta su cui manca l’etichetta col nome del residente.
Il coraggio di dare fiducia, pur sentendomi vulnerabile.

Il coraggio delle parole, quando sanno essere per me carezza e schiaffo allo stesso tempo.

Ilaria Daddario

Testo pubblicato sul magazine Colori Vivaci Megazine 

http://www.colorivivacimagazine.com/2018/03/coraggio/


lunedì 26 febbraio 2018

Una donna fatta di fretta


 Una donna fatta di fretta. La fretta era il pane quotidiano delle sue giornate. Si diceva sempre di corsa e piena di cose importanti da fare, sempre rigorosamente organizzata e dedita alle mille faccende, si diceva quasi senza tempo per sé stessa; di certo non si risparmiava nei doveri, e nei piaceri chissà. Non conosco Emilie, eppure ho imparato a conoscere la sua quotidianità, alcuni dettagli, delle cose che preferisce fare: tutto ciò che condividiamo riguarda nient’altro che lo stesso freddo quartiere londinese, due isolati di distanze tra i nostri umili appartamenti, frenetiche corse in metro e qualche breve conversazione rubata di tanto in tanto durante le attese. Qui la gente ha sempre troppa maledetta fretta e gli occhi s’incrociano solo di sfuggita. Lei non mi guarda, non mi cerca tra la folla, non mi chiede quasi nulla. Io invece la guardo, eccome, quasi tutti i giorni, a piccole dosi, più volte al giorno. Quest’estate si è tagliata i lunghi capelli: troppo disubbidienti, a suo dire. Un taglio netto, deciso come le dita che girano avide e impazienti le pagine dei suoi numerosi libri; adesso porta il collo completamente scoperto e lascia scivolare su di esso tutti i miei pensieri più impertinenti. È una donna che dice delle cose strane. Un giorno le ho detto che quella maglia blu le stava meravigliosamente e ha replicato dicendo che si veste spesso di blu perché è il colore dalle mille forme, come il mare; a volte penso alle sue insolite parole fino a sera e ne resto comunque perplesso. Se solo avesse il tempo per spiegarmi, per guardare le mie espressioni incerte ma affascinate. Cosa ci troverà mai tra quelle pagine rilegate, una storia avvincente o misteriosa, una storia sentimentale o divertente, magari una storia che somiglia un po’ alla sua, alla mia, non so. Scendo con lo sguardo lungo quel collo pallido e vorrei potesse confessarmi segretamente cosa le scalda il cuore mentre stringe il libro a sé, cosa le accende la curiosità quando piega un po’ la testa a sinistra. Vorrei alzasse gli occhi per scoprirmi mentre la guardo, vorrei che toccasse me come sfoglia quelle pagine e vorrei starci scritto io tra le fantasie di quelle sconosciute, attraenti righe che legge.

Ilaria Daddario

venerdì 23 febbraio 2018

Colori



Colori. Sfumature, luci, ombre, contrasti. Quanto e come possano accarezzare le sensazioni dell'animo umano, resta un mistero. Un brivido lungo la schiena, un lieve tremore, un piacevole stupore o un sorriso che nasce spontaneo e timido, di quelli che quasi vuoi nascondere per quanto troppo autentico possa essere. Colori di mille forme e varianti, spalmati sulla tela dalla mano di qualcuno che sa come vuole raccontarli, che sa cos'ha dentro, o forse no, chissà. Un tentativo di rappresentare un sentimento, uno stato d'animo, un momento, una passione. 
La passione, come la curiosità, motore del mondo, della motivazione della gente, del piacere di scoprire, o forse proprio di scoprirsi sempre un po' di più, per quanto possibile, per quanto giusto. Vogliamo leggerci davvero, poi? Non lo so, eppure quanto ci piace scontrarci con noi stessi, spingerci al limite di quanto sappiamo sentire. I colori, ecco, sono un modo di sentirsi, sono un mezzo per raccontare un po' di noi alla gente, a qualcuno, magari anche a noi stessi. 

Ilaria Daddario

sabato 17 febbraio 2018

Sentire


Finalmente sono sveglia. Sono rientrata a notte inoltrata, dopo ore in quel freddo vagone che tratteneva a fatica la mia impazienza. Ancora a letto, mi volto verso la finestra da cui penetra questa nuova mattina straniera. Si può desiderare appassionatamente una sensazione sulla pelle? Fremevo per quella quiete, per quel ritorno di emozioni autentiche, mi era mancato ogni angolo di quella casa avvolta nel silenzio della natura, ogni dettaglio, ogni sprazzo di luce, ogni movimento mio in quegli spazi. Scelgo senza attenzione la prima maglietta dalla pila e un jeans che indosserò disordinatamente. Non mi pettino i capelli, non importa; non indosso nemmeno le scarpe, intralciano. Corro in giardino e il mio entusiasmo incontra subito quello del mio Gaston: anime che si toccano in profondità senza troppe parole, sento che sorride. Mi alzo da terra, tolgo i capelli dal viso, respiro piano e sento l'odore intenso della campagna e di questa me finalmente e veramente appagata. Cammino a piedi nudi sul prato umido, mi faccio attraversare da quella libertà spensierata, sento il sole che mi abbraccia forte, come se avesse sentito la mia mancanza. Sono a casa, sono io, e mi chiedo come avvenga questo strano fatto. Mi chiedo come si possano percepire a tal punto come propri dei luoghi, degli oggetti, delle abitudini, dei colori, degli odori, tanto da farne dipendere la propria felicità. Mi chiedo come possano diventare necessari, come un bisogno; perché di questo in fondo si tratta: il bisogno di sentire, e di sentirsi, davvero.

Ilaria Daddario

domenica 11 febbraio 2018

Luce nuova


Una mattina invernale, dei raggi di sole caldi entrano dalla finestra, con prepotenza e audacia e riscaldano poco alla volta il mio corpo e la mia serenità. L'atmosfera è così intima e rassicurante che mi metto comoda e adagio piano anche tutti i miei pensieri, li poggio sulla sedia accanto solo per un po', svuoto la mente e mi lascio avvolgere da quella luce nuova.

Ilaria Daddario

venerdì 9 febbraio 2018

Un'illusione


E alla fine anche quella lunga ed ostinata giornata si completò: il suo sguardo esasperato adesso faceva quasi spavento e i suoi capelli disordinati descrivevano alla perfezione lo stato smisurato della sua inquietudine. Sbattè la porta dietro di sè e fu come svegliarsi di colpo da uno di quei sogni eccentrici e bizzarri, di quelli che sconvolgono le fantasie piu audaci e spericolate; restò finalmente solo, in intimità coi suoi pensieri stanchi e cercò di rievocare in sè il coraggio di quella scelta e di quella domenica fredda di gennaio di parecchi anni prima. Cercò di sentire nuovamente quelle mani lisce e affettuose sul viso, quando accarezzavano. Cercò di riascoltare quella voce appassionata, quando sussurrava parole toccanti. Si sforzò di poggiare su quel cuore fiacco qualche pensiero piacevole. Ma in fretta capì di essersi perso nella leggerezza tipica solo dei ricordi più penetranti, nell'illusione di un immortale incanto divenuto troppo presto una scomoda nuova ed impensabile realtà con cui scontrarsi.

Ilaria Daddario


martedì 6 febbraio 2018

Pensieri umidi


È notte, sono avvolta completamente nel tepore delle mie coperte e della mia sicurezza. Nel silenzio ovattato e nel buio assoluto, si sente forte e deciso il rumore della pioggia scrosciante ed incalzante di febbraio. E mi piace. Mi sento nel posto adatto e distrattamente anche i miei pensieri s'inumidiscono, divengono fertili, bagnati e determinati anch'essi, come quell'acqua rumorosa e penetrante.

Ilaria Daddario  

giovedì 1 febbraio 2018

Nella sua cucina


Di ritorno da ogni viaggio Léa portava nella sua casa francese qualcosa di quei ricordi ormai impressi nella memoria. Di solito gli oggetti cari vengono sistemati nelle camere da letto, si pensa siano più intime; ma Léa ama tenerli in cucina, non importa che sia una tazza particolare, un vasetto dalla forma strana, una ciotola colorata, un infuso saporito, un mestolo dal manico dipinto, un pupazzetto artigianale o una piantina. Le piace avvicinarsi a quei ripiani, poggiarci su la spesa del giorno e guardare le sue cose; le piace essere a casa e sentir partire sulla bocca quel sorriso carico di dolcezza e nostalgia e le piace poi che si trasformi in un fremito di eccitazione immaginando i mille piatti che potrebbe preparare nella sua cucina, come le mille avventure che potrebbe realizzare nella sua vita. La sua cucina le ricorda quanto il mondo sia sconfinato e incredibilmente pieno di gente e oggetti e cibi e tradizioni e colori pazzeschi. La sua cucina le ricorda il mare, dalle mille forme. In barca, a spasso tra isole poco esplorate e colori nuovi che impressionano. Si, le fa ricordare che sa ancora sorprendersi. La sua cucina la rassicura, come fa il mare, la rilassa, la rende curiosa: può pensare a qualsiasi cosa, può immaginare di tutto, sentirsi coraggiosa. La fa sentire bene. La spoglia e la culla, la fa sentire immersa in qualcosa che ama, come fa il mare. Quando il sole lo colora, lo illumina, lo fa brillare, e lucida anche i pensieri di Léa, i suoi istinti più profondi, la sua parte più nascosta, quella che vedono in pochi, quella che chissà se qualcuno ha mai visto davvero, oltre quella cucina blu, come il mare.

Ilaria Daddario

martedì 30 gennaio 2018

Jeans rotti


Per tutte quelle volte che si riesce a trovare la forza di vedere nel negativo, ciò che è stato positivo. Come quando un fratello più piccolo, pezzo di cuore tanto desiderato, fa un incidente in moto; quest'ultima si distrugge, mentre lui, a parte un jeans strappato, è tutto intero e sano. Cento di quei jeans strappati, fratello mio. Si, ti auguro sempre protezione da ciò che di male può accaderti nella vita. Perchè le cose succedono, e a volte sono parecchio brutte, e io ti farò da scudo tutte le volte che potrò. Se potessi per ogni male garantirti con le mie sole forze dei soli jeans rotti, firmerei subito l'accordo. Se potessi ogni volta barattare il tuo dolore con dei soli jeans strappati, lo farei. Ogni maledetta volta.

Ilaria Daddario 

lunedì 29 gennaio 2018

Rabbia sorprendente


La rabbia non ha nulla di divertente. Ma di sorprendente, a volte, si. È un sentimento così pieno ed impetuoso, irrazionale e improvviso, eccessivo e inconcludente. Non osserva, non ascolta, non comprende, non sa cedere. E mi sorprende come possa invece a volte mutare con delle tali piacevoli piccolezze quotidiane, in poco tempo. Uno sguardo sicuro, un profumo buono, una voce rassicurante, un abbraccio avvolgente, un buon libro, un sorriso sincero, una mano accogliente, un buon cibo, una parola dolce, un gesto generoso, un bagno caldo. Potesse sempre trasformarsi così...

Ilaria Daddario

sabato 27 gennaio 2018

Il sapore delle cose buone


Laraine ci tornò in quella casa, oh si, e questa volta insieme alla sua consapevolezza. 
Tante raccomandazioni fatte a quella parte così testarda e giovane di lei che poi, alla fine, non ha ascoltato proprio mai. 
Tornare significò riascoltare quel senso di piacere, ancora. Come ancora quel profumo di fresco e di cose belle che resistono al tempo e ai cambiamenti dell'anima. Come ancora quel vento caldo e quell'entusiasmo che toglie il respiro. Come ancora quella strada e le opportunità che regalano paura e coraggio insieme. 
Come una foto che ritrovi all'improvviso e non riesci a credere che sia così maledettamente identica, perfetta, ancora.

Ilaria Daddario


Testo pubblicato sul magazine Colori Vivaci Magazine

http://www.colorivivacimagazine.com/2018/01/il-sapore-delle-cose-buone/

domenica 14 gennaio 2018

Mano sul cuore


Fotografia di Ilaria Daddario

La semplicità è una domenica che regala un pranzo coi propri cari per condividere idee, pensieri, buon cibo e quegli sguardi d'amore morbidi e premurosi che sono tipici solo della famiglia. La domenica dalla nonna è una tradizione e mi rasserena, mi fa sentire a casa ed estremamente al sicuro. Allo stesso tempo, mi attraversano i brividi di una strana inquietudine: guardo quegli occhi e ci vedo dentro tutto il tempo che è trascorso e che continua a scorrere, ci intravedo i cambiamenti e ciò che resta identico e poi ci vedo tutto quello che lentamente si sta trasformando. Guardo mio nonno, adesso così fragile e mi si stringe il cuore, sembra che qualcuno stia lì a pizzicarmelo, ogni volta, ad ogni sguardo. E prego, con tutte le mie forze, che non regredisca giorno dopo giorno, che possa restare sé stesso, che non dimentichi anche ciò che conta, che riesca a sopportare le frustrazioni e a combattere contro questo fardello più grande di lui e di chiunque altro. Poi guardo la mia incredibile nonna e prego che possa avere sempre la forza di reggere sulle proprie spalle il dolore, le complicazioni, la stanchezza e che non si stanchi mai di tenerlo forte per mano. Li guardo, e mi torna in mente sempre quella meravigliosa immagine di lui che le tiene la mano sul cuore mentre ballano un lento al centro pista, così, stretti stretti, diversi in mezzo a tanti. Sono così grata di aver potuto conoscere tutto l'amore che sono.

Ilaria Daddario

martedì 9 gennaio 2018

Entusiasmo


L'entusiasmo di imparare qualcosa di nuovo, di buttarsi a capofitto nelle cose, di arricchirsi il più possibile, di non vedere l'ora che accada qualcosa, o qualcuno.

Ilaria Daddario

domenica 7 gennaio 2018

Distanze



La gente di solito descrive la domenica come un giorno spento, passivo e noioso. 
Mi rendo conto che in realtà è tutto relativo: dipende da come la si riempie. Oggi, per me, è stata piena di... famiglia. Di quei legami viscerali che esistono anche oltre le distanze. Pezzi di una famiglia che vivono lontani l'uno dall'altro. Quanto possono esser letali, le distanze. Non permettono alle persone di viversi davvero e creano una sorta di barriera sottile attorno ad ognuno. E ogni volta che, per fortuna, ci si ritrova, bisogna impegnarsi per rompere quel doloroso strato, riuscendoci oppure no. Mi fa riflettere e soffrire ogni volta, soprattutto quando penso a chi ha dovuto portarne addosso le pene, a chi ha dovuto sopportarla e ancora la sopporta, a mia madre e alle cicatrici che si porta dentro. Oggi sono grata per i sorrisi di mia madre e per le lacrime che ho visto scendere dagli occhi di mio nonno, lacrime di gioia e dolore insieme, di tanti anni passati e di tante lotte vinte e perse, di amore sincero per quei nipoti che oggi guardava attorno allo stesso tavolo, riuniti. Se non è amore questo... 

Ilaria Daddario

venerdì 5 gennaio 2018

Mare d'inverno



Ma cos'è il mare? E soprattutto, il mare d'inverno. Che sensazioni sa dare? Inspiegabili, forse. Di pulito. Di grandezza, spensieratezza, leggerezza. Di tranquillità. Di profondità, ecco: ha la capacità incredibile di farmi sprofondare nei vicoli più contorti di me stessa. Si, sa adattarsi completamente e perfettamente a me. Desideravo immergere i piedi in quella sabbia fresca, ma in realtà andava bene anche così. Guardavo quelle acque immense e mi sentivo fortunata e grata, forse anche per quel paio di occhi che guardavano quel mio stesso mare, al mio fianco, felici e colmi.

Ilaria Daddario

giovedì 4 gennaio 2018

Legami

La bellezza dell'amicizia, della condivisione di due o più vite. Una bellezza che diventa ancor più considerevole quando supera limiti spessi come la distanza e il tempo che inesorabile scorre e cambia tutto ciò che sfiora; quando hai la fortuna di far parte di legami così reali e preziosi, lo sai, te ne rendi conto. Niente può donare di più di un autentico scambio, niente può farti sentire più ricco di così.

Ilaria Daddario